Antonio Banderas, intervistato nel programma “El Hormiguero” da Antena 3 (un importante canale televisivo spagnolo), parla di lavoro, di imprenditorialità e di tenacia. Una lezione che ti invito a leggere se decidi di lavorare nel turismo, come imprenditore o anche più semplicemente come dipendente.
Quella di Antonio Banderas è davvero una bella lezione per tutti, valida anche per chi vuole diventare un imprenditore di successo nel settore turistico e dell’ospitalità o più semplicemente lavorare nel turismo. E lo fa raccontando il mondo del cinema di Hollywood nel quale lavora ormai da molti anni, e che conosce benissimo:
<<Hollywood è crudele, perché c’è una competizione incredibile. Tutti gli anni si muove a Hollywood moltissima gente da tutto il mondo per trovare “il suo momento sotto il sole”, e allora mantenere una linea durante un determinato numero di anni è molto difficile, devi lavorare molto duramente, però è vero che il lavoro si premia, e a chi ha ottenuto qualcosa, glielo si riconosce per tutta la vita, indipendentemente da quello che succede poi>>.
Antonio Banderas racconta poi della lezione più importante che ha imparato lì:
<<Aver dissolto molti miti, il rendersi conto che le cose si possono ottenere, di che non ci sono sogni impossibili. Questo è un messaggio che cerco di dare sempre ai giovani. Se io ci sono riuscito, tutti ci possono riuscire. Bisogna lavorare molto e sognare molto. Sognare molto. E poi avere la capacità di fare sacrifici, imparare a cadere e a rialzarti sempre. Gli americano ce l’hanno chiarissimo. Negli Stati Uniti non hai mai un fallimento totale. Guarda, un paio di anni fa, dopo una festa che si fece per consegna degli Oscar a Hollywood, avevo seduto vicino a me una persona relativamente giovane. Dopo avermi fatto i complimenti per i miei film, mi chiese se sapevo chi era. Io gli risposi di no, e lui allora mi disse che era il fondatore di una compagnia che si chiama Uber. Mi confidò che durante la sua vita professionale è caduto molte volte, per poi rialzarsi e cadere ancora. E quando finalmente arrivò il successo con Uber doveva ancora moltissimi soldi a molte persone. E in un certo modo ho visto in lui lo spirito americano. Ce l’hanno chiarissimo>>.
Antonio Banderas riflette poi sull’imprenditorialità.
<<Ho letto una ricerca di una università dell’Andalucía, dove si chiedeva agli studenti cosa sognavano di diventare durante la loro vita professionale. Il 75% rispose che sognava di diventare un funzionario. La stessa inchiesta negli Stati Uniti rivela al contrario che il 75% degli studenti voleva essere imprenditore. Ossia padroni della loro vita, che non vogliono stare con un capo al quale rendere conto, con un’idea da concretizzare insieme ad altre persone, svilupparla e lottare per avere successo. Con il 75% delle persone che vogliono essere impiegati non si fa un Paese, si fa un Paese con il 75% di gente che se la gioca>>.
Qual’è la morale di questa lezione, se vuoi lavorare nel turismo come imprenditore o come dipendente?
Sono sempre più spesso convinto che il settore dell’accoglienza turistica in Italia ha bisogno di persone che abbiano “fame” di successo, imprenditori locali ma anche giovani che hanno voglia di lavorare nel turismo con impegno e professionalità, per costruire solide realtà come hanno fatto le precedenti generazioni o anche semplicemente un sereno futuro professionale personale e famigliare.
È vero che chi decide di lavorare nel turismo come imprenditore o come dipendente si scontra con un settore indubbiamente molto impegnativo nel quale non ci sono orari, che richiede molto sforzo e dedizione. E che spesso apparentemente non premia a livello economico come ci si aspetta, comunque meno di quanto premiano altri settori.
Spesso e volentieri vedo che anche nelle famiglie di clienti imprenditori, spesso proprietari di diverse imprese turistiche, manca un effettivo ricambio generazionale. I figli degli imprenditori, che sono nati con il benessere e sono cresciute senza fare fatica, non hanno voglia di rinnovare e innovare il business e di lavorare nel turismo come hanno fatto i genitori e i nonni, puntando piuttosto a godere della rendita prodotta in passato. Spesso questo succede per pigrizia, ma anche per la paura di cadere. Ma la cosa più preoccupante è che spesso succede perchè sono senza sogni.
E senza sogni mancano le idee di business, ma anche la grinta per costruirsi un solido futuro professionale, famigliare e personale. E poi, spesso, chi decide di lavorare nel turismo lo fà senza impegno e convinzione, semplicemente come ripiego necessario in vista di opportunità in altri settori, e quindi l’approccio è svogliato, poco focalizzato e di conseguenza poco orientato a lavorare per la soddisfazione del cliente e dell’impresa.
Più in generale c’è poca voglia di investire su se stessi, sviluppare le proprie competenze professionali e linguistiche ad esempio viaggiando e lavorando all’estero, di investire per frequentare corsi di formazione professionale, forse anche per una sensazione di demotivazione o depressione dovuta alla percezione di vivere e lavorare in un Paese che non ti aiuta, dove va avanti chi è raccomandato piuttosto di chi è capace, e che non perde l’occasione di tartassarti con tasse, vincoli, e balzelli sempre nuovi.
Lavorare nel turismo è un ottimo modo di scommettere su te stesso, è un’ottima opportunità per uscire dalla tua “zona di comfort” che ti fai andare bene e imparare a rischiare per raggiungere dei risultati ambiziosi. Anche se magari non sei più giovanissimo sei ancora in tempo per…cadere…e per rialzarti. Come ho fatto anch’io, e diverse volte, ma sempre con un bel sogno in testa.
© Federico Belloni (tutti i diritti riservati)